Con questo processo, vengono di fatto controllate, nel corso dell’ ossidazione dura, le potenze termiche sviluppate alla superfice dei pezzi per lavorare attorno ad un valore medio costante. Ne conseguono una serie di vantaggi tecnici ed operativi
PREMESSA
Il processo di ossidazione dura viene effettuato in bagni di acido solforico diluito, ad una temperatura tipica di zero gradi centigradi. I pezzi saldamente agganciati ad un attrezzo di sostegno, sono posti all’anodo. Vengono attraversati da una corrente elettrica predefinita e generano uno strato di ossido di spessore proporzionale alla quantità di corrente per unità di superfice.
Durante la formazione dello strato la tensione sale, poiché lo strato di ossido, a parità di lega trattata, possiede una sua tipica resistenza elettrica, più o meno proporzionale allo spessore raggiunto.
L’ossidazione, è un processo esotermico e produce una quantità rilevante di calore.
Il calore sviluppato deve essere rapidamente asportato dalla superfice dei pezzi, altrimenti la temperatura locale aumenta e la soluzione acida riattacca lo strato, producendo un ossido di qualità inferiore.
Il raffreddamento è ottenuto facendo ricircolare, con pompe adatte allo scopo, la soluzione acida attraverso allo scambiatore di un gruppo frigorifero che lo raffredda sottraendo il calore prodotto dalla ossidazione. Per portare il liquido freddo a contatto con ogni parte delle superfici trattate è tuttavia necessaria una vigorosa agitazione con aria insufflata, che genera una turbolenza sufficiente ad uniformare le temperatura in ogni parte della carica in trattamento.
LE FASI DEL PROCESSO CLASSICO
Il processo di ossidazione dura è effettuato con una corrente, a fine rampa di salita, tipicamente compresa tra i 2 ed i 3 A/dm2. Le tensioni, iniziali sono relativamente basse. E’ bassa anche la potenza prodotta e di conseguenza limitato l’intervento del gruppo frigorifero. Poi col procedere del processo, le tensioni aumentano, fino ai 40-50 Volts, necessari per raggiungere, sulle leghe classiche da ossidazione utilizzate per componenti meccanici, lo spessore di 40- 50 microns. Questi sono in genere gli spessori più richiesti.
Alla fine del processo, sulla superfice dei pezzi, le tensioni e le correnti applicate corrispondono ad una potenza di 110-120 W/dm2, che in un bagno ben sfruttato equivalgono a 16- 18 Kw per 1000 litri di bagno, l’equivalente di una piccola caldaia.
Questa elevata potenza termica comporta un lavoro rilevante per il gruppo frigorifero, che spesso, anche per altre ragioni, non riesce a raffreddare convenientemente.
Nel processo, è fondamentale una vigorosa agitazione con aria insufflata. L’aria insufflata, combinata con il flusso di liquido tangente ai catodi che proviene dallo scambiatore, produce una turbolenza disordinata che raggiunge ogni parte della carica in trattamento, raffreddandola in modo omogeneo.
Per effetto dell’insufflazione, man mano che il trattamento procede, si produce un crescente gasaggio della soluzione. Il gasaggio proviene anche dal gas prodotto dalla reazione di elettrolisi agli elettodi.
La miscela di aria e gas segue il liquido di processo attraverso alle pompe che frantumano le bolle producendo delle microbolle estremamente stabili che non vengono facilmente alla superfice. Queste rimangono inglobate in permanenza all’interno del liquido che tende ad aumentare di volume.
Chi ha conosciuto o studiato i fenomeni di scambio termico di soluzioni acquose fortemente gasate, sa che in queste condizioni l’efficienza dello scambio di calore crolla. Degli esami strumentali lo possono confermare, ma è anche possibile intuirne il motivo: le bollicine di gas interrompono lo scambio termico all’interno della soluzione, per lo stesso principio per cui un isolante poroso isola meglio di un isolante compatto.
Il problema non è irrilevante perchè alla fine del processo si generano le potenze più alte da dissipare, ma contemporaneamente l’efficienza raffreddante della soluzione raggiunge il suo valore più basso. Si abbassa anche l’efficienza dello scambiatore, sia perché il fluido ha minore capacità di scambio per il gas inglobato, sia perché nello scambiatore il liquido da raffreddare deve essere spinto verso il basso assieme al gas che invece tende a farlo risalire, riducendo la portata. I flussi nello scambiatore dovrebbero, a rigore, essere invertiti, anche se la regola dice il contrario.
Questo consiglia anche la buona norma, una volta estratta la carica, di fermare insufflazione e pompa di ricircolo e di attendere il completo degasaggio prima di passare al trattamento successivo..
Il tutto comporta ovviamente un minor sfruttamento dei bagni. Con ossido duro non è possibile fare “una carica dietro l’altra” come avviene con ossido normale che ha un comportamento meno critico.
IL PROCESSO SPC
Di fronte a queste considerazioni, noi ci siamo posti il problema di valutare se e come fosse possibile apportare miglioramenti al processo, sia sotto l’aspetto qualitativo che pratico.
Dopo una serie di valutazioni e di prove , abbiamo messo a punto una tecnica di trattamento che ci consente di controllare la potenza utilizzata , per mantenerla mediamente ad un valore costante. Questo avviene senza aumentare i tempi, a parità di spessore di ossido.
Per esempio, con la classica lega utilizzata per la gran parte dei pezzi meccanici, la 6082, ossidiamo con potenze superficiali nell’intorno di 80-90 watt/dm2 .
Con la lega 7075 ad alta resistenza, adatta per le costruzioni più sollecitate, ossidiamo con potenze superficiali attorno a 70 watt/dm2 .
L’introduzione di queste modifiche, ha permesso ridurre almeno in parte l’agitazione di aria all’interno del bagno per diminuire il gasaggio, senza avere inconvenienti e col vantaggio di aumentare la durata di vita delle pompe a trascinamento magnetico.
Per ottimizzare il processo, e come ulteriore sicurezza, al bagno viene anche aggiunto uno speciale additivo che riduce il riattacco dell’ossido da parte della soluzione acida.
Inoltre, grazie ad un voltaggio tendenzialmente più basso, riusciamo ad utilizzare concentrazioni di acido solforico più ridotte di quanto si usa normalmente.
C’è poi un vantaggio rilevante che non deve essere trascurato, soprattutto quando i bagni lavorano al massimo della loro capacità su cariche ripetitive: la potenza assorbita dall’impianto è grosso modo costante senza più punte di potenza elettrica , così come rimane costante la quantità di calore da asportare col gruppo frigorifero, che riesce meglio a garantire la stabilità della temperatura durante ogni singolo ciclo e nel corso della giornata lavorativa.
Il processo SPC è ora impiegato su buona parte della produzione fatta con ossido duro. Sono esclusi i trattamenti meno critici, per esempio su leghe basso legate che formano strati con basso voltaggio, oppure quando vengono richiesti spessori limitati dell’ossido. In entrambi i casi non risulta conveniente l’utilizzo di una tecnica più complessa di quella abitualmente utilizzata.
CONCLUSIONI
L’ ossidazione dura SPC è utilizzata con vantaggio nelle produzioni correnti. Per tutti i particolari abitualmente trattati è registrato un ciclo ben definito che viene riutilizzato per garantire la riproducibilità degli spessori e delle tolleranze. Questo consente ad ATS Tecnometal di garantire un livello di qualità costante nel tempo.
Rimangono però ancora aperte possibili evoluzioni , che potranno essere introdotte sui futuri impianti.
Per esempio
L’elettronica dei raddrizzatori dovrà essere adeguata per migliorare l’utilizzo del processo.
A parità di volume di vasca si potranno utilizzare raddrizzatori con amperaggi massimi più alti.
Sarà necessario eliminare in continuo durante il ciclo, per quanto possibile, l’aria ed i gas che tendono ad essere trattenuti dalla soluzione acida.
Sarà utile rivedere lo schema del circuito di raffreddamento per renderne più efficiente la prestazione in presenza di gasaggio residuo nella soluzione acida.
tecnico@atstecnometal.com